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Vi troverai qualche riflessione di un uomo che cerca un senso nella vita, pur frenato da tutti i limiti che centellinano l’acqua a chiunque abbia sete di conoscere e di capire. Con lo studio delle leggi medicee ho scrutato al microscopio qualche bacillo di un passato non troppo lontano, con I passi e le orme ho tirato qualche conclusione soggettiva sull'oltre rapportato all'Universo in cui viviamo: la Città di Dio, in cui credo.

I testi dei Passi e le orme e dei drammi teatrali li potrai leggere qui, per esteso, mentre dei saggi storici troverai solo l’arido elenco delle pubblicazioni.

Mi auguro che la lettura dei romanzi e dei drammi ti emozionino quanto hanno emozionato me, quando li ho scritti, se invece ... (ripetendo un’obsoleta clausola di maniera) “vi avessimo annoiato, ce ne scusiamo, perché non l’abbiamo fatto apposta”.

Gianni Cascio Pratilli

Quando il cielo non aveva nome

Giovanni Cascio Pratilli
Quando il cielo non aveva nome









Tavole tridimensionali di Amerigo Folchi

   La notte dell’equinozio di primavera del 597 a. C. Nabukudrushùr, re di Babilonia, vede in sogno qualcosa che lo sconvolge, ma quando si sveglia non riesce a ricordare cosa sia successo nelle nebbie della dimensione onirica e le uniche tracce che permangono sono l’ansia e i segni della meraviglia persistenti sul suo volto. Da allora ogni notte il fenomeno si ripete, e ogni giorno il re tenta invano di ricordare ...

   Allo scoccare dell’equinozio d’autunno il magio Kurî dalla Media arriva  a Babilonia per spiegare il mistero, e mentre si dirige verso la reggia si imbatte in una testa appena mozzata, appesa ai battenti del Palazzo di Giustizia. Il magio è sorpreso dall’espressione di meraviglia che la testa ancora esprime, come se il decapitato avesse provato nell’attimo della morte un sorprendente stupore improvvisamente interrotto da un balenar di spada. Che ci sia qualche nesso, sul momento inspiegabile, tra la meraviglia del re, iniziata con l’equinozio di primavera, e lo stupore di quella testa, spiccata dal busto proprio il giorno dell’equinozio d’autunno?
   Ma lo stupore cresce quando alcuni degli astanti affermano che la testa era di Adapa, mentre altri sono certi che fosse di Mushtâlù, e altri ancora giurano che invece era di Nabù-idanà ...
   A palazzo l’atmosfera diventa ancora più misteriosa per una sorta di epidemia che colpisce ora l’una, ora l’altra delle guardie reali, che improvvisamente farfugliano qualcosa di incomprensibile e si accasciano morte al suolo, con gli occhi sbarrati.

   In questo tessuto di impalpabili incertezze, Nabukudrushùr, sotto la guida del magio, nel ricordare i sogni inizia un percorso interiore totalmente astrale, che lo porterà oltre il cielo, oltre le stelle, fino a conoscere la dimensione dell’eternità. Ma le inquietudini del re, sotto l’influsso del giudeo Daniele, si estendono fino a mettere in discussione il politeismo e la legittimità del potere politico dei sacerdoti. Nella classe sacerdotale il malumore cresce, si fa intollerante, si trasforma in ribellione.
   La congiura dei sacerdoti, il volo di un moscon d’oro magico della regina Amitis, le scelte politiche e religiose del re, il delirio della folla si troveranno a confluire e a confrontarsi nel corteo solenne della grande processione per il Nuovo Anno, quando ...
   Roma, duemilaseicento anni dopo. La notte dell’equinozio di primavera del 1999 un professore si sveglia turbato per un sogno sconvolgente che è certo di aver fatto, e che tuttavia non riesce a ricordare ...
Nota

   Il romanzo è suddistinto in due parti: inizia con una prima storia, complessa, alla corte di Nabucodonosor II (capitoli 1-21), cui segue una breve e semplice storia dei nostri tempi, che si ricollega alla storia precedente per sostanziali analogie esoteriche (capitoli 22-25). I due racconti, che si sviluppano separati eppure paralleli a distanza di 2.600 anni, stanno ad indicare l’identità di alcuni percorsi psicologici umani al di là delle diversità (appariscenti ma non sostanziali) dovute alle mutate tecnologie e ai mutati stili di vita.
   Nella parte babilonese il rigore storico è assoluto, a cominciare dalle vesti, dai cibi, dai costumi, e qua e là può presentare qualche sorpresa per il lettore moderno (come, per esempio, l’ascensore con cui si accedeva ai giardini pensili), tuttavia l’accento della narrazione è posto su un empito lirico ed epico, che si riflette nello stile usato nei 21 capitoli della parte antica. 
   I brani citati dall’Enuma Elìsh e dall’epopea di Gilgamèsh sono stati personalmente tradotti da me, per dare una veste italiana nobile a testi di alta poesia, dei quali purtroppo è stato finora fatto scempio nelle traduzioni correnti.
   Le ripetizioni, tipiche della cultura letteraria babilonese, sono state impiegate in quest’opera per sottolineare momenti di alta sacralità, o drammaticità, o esoterismo, come per l’apertura e la chiusura delle otto porte di Babilonia:
   Primo esempio: cap. 1: Le otto porte (elencate una per una) si aprono all’alba per far entrare il sole; cap. 1: dalle otto porte aperte escono i soldati con le otto teste d’argilla che riproducono il volto di Nabù-idanà decapitato; cap. 16: le otto porte chiuse vengono tutte scardinate dagli assiri assedianti; cap. 21: le otto porte si riaprono all’alba per far entrare il sole.
   Secondo esempio: L’inizio del cap. 21 è identico all’inizio del cap. 1, per indicare che un ciclo nuovo ed analogo si riapre dopo un ciclo concluso.
   Il glossario offre una rapida documentazione sulla religione, usi e costumi della società babilonese del VI secolo a. C. e spiega eventi e vocaboli altrimenti noti solo agli specialisti della materia.
   Complessivamente il romanzo può interessare due diversi tipi di lettori: chi si accontenta di quello che legge, senza volersi addentrare troppo nei simbolismi o negli esoterismi nascosti, troverà una magica storia babilonese, che potrà qua e là sorprendere per certe pennellate di “giallo” o affascinare per momenti di intensa poesia; chi cerca qualcosa di più profondo, sarà sorpreso per i contenuti mistici di diversi passi.

Cenno sulle tematiche
   
Le tematiche di questo romanzo prendono le mosse dalla creazione del Cosmo, narrata nell’Enuma Elìsh, e dall’epopea di Gilgamèsh, che proprio nel Cosmo cerca una spiegazione razionale al mistero dell’universo.
   Nella nostra storia il percorso astrale dell’eroe sumero assurge a modello della crescita interiore di ogni uomo che desideri indagare sul significato della vita e della morte.
   In questo procedere intimamente psichico tre diversi personaggi (come già Gilgamèsh) non riescono ad accettare la caducità del ‘presente’, confinato dallo spazio e dal tempo, né la caducità della vita, confinata dalla morte, e tentano di superarne i limiti imboccando ognuno una sua propria strada alla ricerca della Verità.  
   La regina Amitis, volgendosi indietro con la mente, per recuperare e conservare un passato ormai inesorabilmente sparito, lo salva, sì, nella sua memoria, ma - come Orfeo - perde nello stesso momento la realtà del presente e la speranza del futuro.
   L’astrologo Nabù-idanà cerca la soluzione del mistero cosmico nei Sette Cieli, e in essi coglie quello sviluppo universale che unisce con un filo indissolubile il passato al presente e al futuro. Purtroppo verrà decapitato proprio nell’attimo in cui intuirà che il mistero risiede oltre i sette cieli.
   È Nabukudrushùr, invece, che nella dimensione onirica riesce a “perforare” i Cieli, a uscire dall’universo, e arrivare all’intuizione dell’ Eternità, dove passato, presente e futuro convivono tutti insieme, contemporaneamente. E nell’Eternità oltre il Cosmo scopre, come scoprirà Platone due secoli dopo, il mondo delle idee che, incarnandosi entro i limiti dello spazio e del tempo, danno luogo di volta in volta alla creazione di un essere vivente.
   Da questa intuizione, scaturiscono per Nabukudrushùr diversi corollari, primo tra tutti quello dell’unicità divina: le credenze dei popoli si riferiscono tutte allo stesso Dio Creatore, quindi Amon, Mardùk, Ahura Mazdah, Yahwèh sono solo suoni diversi che indicano in realtà lo stesso Dio. Di qui l’assurdità delle guerre di religione e, al contrario, una drammatica necessità di opporsi a coloro che delle guerre di religione fanno uno strumento di prevaricazione politica.
   Non mi dilungo sulle altre tematiche affrontate dal romanzo. Le scoprirà il lettore nel suo viaggio all’interno di questa nostra storia [non solo] babilonese.

Giovanni Cascio Pratilli


Scarica il testo completo del romanzo "Quando il cielo non aveva nome"

nel formato PDF
http://www.giovannicasciopratilli.it/testi/Quando%20il%20cielo%20-%20giovanni%20cascio%20pratilli.pdf